Se siete nati nel nord ovest Italia negli anni '60 e suonate la chitarra, magari nella regione dei gianduiotti, è molto probabile che il vostro primo strumento non sia stata la canonica Eko, come nel resto dello stivale, ma molto più probabilmente si è trattato di una Ferrarotti Unoenne. Tra il '60 e gli anni '80 la casa torinese ha davvero rappresentato un riferimento assoluto per la chitarra nel nostro paese.
Luigi Ferrarotti, nato a Robella di Trino (VC) nel 1878, contadino, faceva parte della banda municipale del paese. All’inizio del ’900 si trasferisce a Torino con la moglie e i tre figli trovando lavoro come falegname presso la Società Tranviaria Belga, non dimenticando la passione per la musica che nel frattempo insegnava. Iniziò a costruire chitarre e mandolini e nel 1911 partecipò all’Esposizione Internazionale di Torino e fu premiato per i suoi strumenti. Decise allora di dedicarsi a tempo pieno alla costruzione di strumenti musicali a corda quali mandolini, mandole e chitarre classiche, con un laboratorio prima in corso Casale e poi in corso Vercelli, dove rimase fino al 1954 con la collaborazione del figlio Dionigi. L’attività si trasferì poi nei più ampi locali di via Thures sull’onda della grande diffusione ottenuta dalla chitarra in quegli anni. Qui inizia la collaborazione dell’attuale titolare Luigi Ferrarotti e tra gli anni 1965 e 1980 l’attività ha un buono sviluppo e parte anche la produzione di contrabbassi e chitarre semiacustiche elettrificate, conservando ed ampliando la fabbricazione di chitarre classiche da concerto e studio.
Non avendone mai posseduta una, sono sempre stato incuriosito dalle devozione dimostrata da molti miei amici nei confronti di questo marchio. Per cui, quando ne ho trovata una su una banchetto di un mercatino delle pulci, una volta verificato che il manico fosse a posto, non mi sono fatto pregare e l'ho portata a casa. Mentre la pulivo, mi è rimasto in mano il ponte, la rosetta alla buca si è letteralmente sbriciolata e mi sono accorto che mancava la palettina di una meccanica. In effetti il manico era l'unica cosa a posto... A quel punto ha cominciato a sorgermi il dubbio di aver fatto un cavolata...L'ho lasciata 'decantare' un paio di giorni e poi ho deciso di provare comunque a restaurarla: la colla, la carta vetrata e i pezzi mancanti sono costati molto più della chitarra stessa, ma stiamo comunque parlando di cifre quasi simboliche: per fortuna un negozio di strumenti musicali della mia città mi permette di acquistare pezzi di recupero per questi lavori e riesco sempre a tenere bassi i costi di lavorazione. Il ponte, che evidentemente è stato usato con corde in metallo, come si usava allora, si è staccato in maniera netta e pulita e dopo aver carteggiato le parti destinate all'incollaggio, ho steso una dose generosa di “Bostik adesivo universale” che avevo in casa e ho lasciato agire per un paio di gironi. Per la rosetta, ho optato per una in legno che ho incollato nello stesso modo.
Non mi sono fidato delle plastiche adesive, temendo che facessero la fine dell'originale in poco tempo. Tra l'altro da una ricerca in rete ho visto che non è facile trovarne una con la rosetta intatta... Sostituita la meccanica mancante, ho fatto un'altra pulizia approfondita, soprattutto del manico e ho dato qualche giorno di tempo al tutto per stabilizzarsi.
Purtroppo non ho fatto foto delle varie fasi delle lavorazione, ho solo quelle del prodotto finito.
Poi ho montato le corde: ho scelto delle Ernie Ball low tension, che oltre al pregio di costare poco avevano anche il vantaggio di esse a bassa tensione vista la situazione precaria del ponte. Mi ci è voluta quasi una settimana per arrivare all'accordatura standard, avevo sinceramente paura che il ponte mi saltasse in faccia, ma alla fine tutto è andato per il meglio. E mi sono ritrovato per le mani uno strumento sinceramente sorprendente. Pur essendo realizzata con materiali non di altissimo livello (massello questo sconosciuto) e con finiture abbastanza approssimative (la rosetta sbriciolata, ma anche la posa dei tasti non esattamente da manuale) la chitarra che grosso modo dovrebbe essere più o meno mia coetanea, quindi con mezzo secolo abbondante di vita alle spalle, suona, rimane accordata ed è perfettamente intonata. Anche la pasta sonora non fa rimpiangere i quasi 50 euri totali investiti nell'operazione “Nostalgia”, con un carattere e un volume di tutto rispetto.
La cosa che mi a sorpreso maggiormente è stato scoprire che Ferarotti è tutt'ora in attività, con una produzione di chitarre classiche molto interessante. Argomento da approfondire. Peccato che non abbiamo mai risposto alla mia mail in cui chiedevo notizie delle chitarra in oggetto
ERRATA CORRIGE: poco dopo la pubblicazione dell'articolo, è arrivata la risposta alla mia mail. Quindi ora sappiamo che: la tavola è in abete douglas, fasce e fondo in multistrato simil palissandro, tastiera e ponte sono in palissandro, la chitarra è databile attorno agli anni '70.
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