Great Divide SST N

 


Uno dei principali rimpianti dell’estate, per molti, probabilmente sarà stato quello di aver dovuto rinunciare alla sei corde per il periodo delle ferie. Oppure di aver aggiunto qualche ‘cicatrice’ alla chitarra, sballotandola in giro per mari e monti. Senza arrivare, speriamo, agli estremi di danni seri o smarrimenti penosi per i meandri di qualche aeroporto internazionale. Storia vecchia, purtroppo: o si rinuncia al piacere di suonare in vacanza o si ripiega su qualche muletto dall’action improbabile, per non far correre rischi allo strumento principale.


Non che le chitarre da viaggio siano quella grande novità, ma in generale soffrono di alcuni difetti strutturali che, in breve, fanno dimenticare i vantaggi che portano. Casse armoniche dalle dimensioni improbabili, manici microscopici, materiali di qualità approsimativa e assoluta mancanza di volume. La Great Divide SST ricevuta in prova sembra un po’ la risposta a tutte queste preghiere. Il brand è americano, fa capo alla Two Old Hippies – come dichiarazione di intenti è già tutto un programma – che gestisce anche il marchio Bedell. La fabbricazione è fatta in Cina, per ovvi motivi di contenimento dei costi. Ma negli ultimi anni il livello qualitativo di questi strumenti è salito in maniera esponenziale, e ormai la provenienza dall’estremo oriente non è più un handicap di partenza.

La chitarra è… piccola, molto piccola. Praticamente una riproduzione in scala 2:1 di uno strumento tradizionale, dallo shape del corpo drednought. Anche in questo caso nulla di sconvolgente: esistono da sempre queste scalature di strumenti, soprattutto per avvicinare alla musica i più piccini. Di solito, però, ci si trova per le mani poco più (o poco meno a volte) che giocattoli. Ed è qui che si cominciano ad apprezzare le peculiarità della SST. La tavola armonica è in abete sitka massello di buona qualità, con una bella venatura longitudinale. Fasce e fondo sono in Sapele e sono unite al tra loro con un binding BWB in plastica. Il manico è in mogano, con tastiera in palissandro, e monta 20 tasti. Anche il ponte è in palissandro, che viene richiamato nella copertura della paletta, piccola e ben proporzionata. Le meccaniche, cromate, sono di buona qualità e svolgono il loro compito in maniera impeccabile.


Nel complesso si tratta di uno strumento – nel vero senso della parola – realizzato ad arte, con buoni materiali e ottima perizia. Anche all’interno della buca ordine e pulizia regnano sovrani. Al momento di essere imbracciata, la Great Divide si rivela piacevolmente bilanciata e con abbastanza corpo da non risultare scomoda o costringere a posizioni improbabili. La scala del manico è corta (577 mm), ma sufficiente per consentire una buona intonazione delle corde e un buon feeling per il musicista. Il capotasto da 44 mm, unito a una sezione a C tonda, non troppo sottile, restituiscono subito buone sensazioni. Per un normolineo, in sostanza, non è difficile trovare subito un buon approccio allo strumento.

Alla prima pennata è difficile non rimanere stupiti: da dove la tira fuori tutta ‘sta voce? Il volume è impressionante, al pari di una chitarra di dimensioni standard. E non è solo apparenza, c’è anche parecchia sostanza. Il tono è articolato, ricco e bilanciato. Si lascia suonare bene sia a plettro che con le dita, risultando piacevolmente versatile. Avendola in mano per un un quarto d’ora, ci si ricorda che si tratta di una ‘travel guitar’ solo abbasando lo sguardo. In particolare il manico, molto comodo e ben regolato – al trussrod si accede dalla buca – può dare una pericolosa assuefazione.

Anche il prezzo è particolarmente invitante, Euro 189 Street Price, e fa venire proprio voglia di togliersi lo sfizio. Costa meno di tanti pedali in commercio, e potrebbe tornare anche utile se in giro per casa c’è un cucciolo d’uomo con velleità artistiche.


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