RECORDING KING RNJ 25 N
RECORDING KING ROS 616
Fedele alla filosofia delle origini, Recording King continua a proporre chitarre acustiche di buona qualità a prezzi accessibili. Chiaramente ispirate a modelli storici, sono ben realizzate e suonano con carattere e personalità
Fondata nel 1930, Recording King era uno degli house brand commercializzati dal magnate delle vendite per corrispondenza Montgomery Ward. Anzi, a essere precisi, si tratta proprio del tizio che si è letteralmente inventato il commercio postale negli Stati Uniti, alla fine del secolo scorso. In quella che, a posteriori, è facile identificare come l’autentica “Golden Age” della chitarra acustica, la Recording King si è distinta per la produzione di buone repliche dei marchi più prestigiosi, caratterizzate da un rapporto qualità/prezzo ottimo, realizzazione artigianale o quasi e, soprattutto, da una facile reperibilità anche nelle zone rurali più sperdute. Un piccolo pezzo di storia americana, insomma. A distanza di “qualche annetto” il marchio è tornato sul mercato, anche se vittima di una inevitabile delocalizzazione in Cina. Con lo stesso spirito e la stessa vocazione di sempre: la realizzazione di strumenti chiaramente ispirati alla produzione maggiore, di buona fattura a prezzi ragionevoli.
Calati nel
mood del periodo, abbiamo deciso quindi di testare due modelli che
fanno riferimento a strumenti che hanno fatto la storia di quegli
anni indimenticabili. La RNJ 25 N è una libera reinterpretazione
della Gibson Nick Lucas, uno dei modelli più ricercati dai
collezionisti della casa di Kalamazoo. Introdotta nel 1928 e prodotta
per poco tempo, è stata poi modificata in un paio di riedizioni
successive, per essere infine tolta definitivamente dal mercato. La
cosa più curiosa è che mentre Lukas, scelto come endorser per la
sua fama di cantante e ottimo chitarrista jazz, ne utilizzava di
preferenza una tutta nera, la finitura più ambita è quella
sunburst, legata a doppio filo con l’immagine del Dylan degli
esordi. Ma torniamo alla nostra Recording King. La RNJ 25 fa parte
della serie Century Jubilee ed è realizzata interamente con legni
masselli. La tavola è in abete, fasce e fondo in acero, con
verniciatura sfumata a tre toni a goccia, sia sul top che sul fondo
della
cassa. La finitura a nitrocellulosa lascia (intra)vedere le
venature del legno, di ottima qualità e di sicuro impatto estetico.
Soprattutto sul retro dello strumento. Quella ricevuta in prova era
priva di battipenna, ma farne montare uno zebrato come l’originale
è un attimo. A scala corta con nut da 44 mm, il manico con profilo a
C è realizzato in un pezzo unico di mogano, mentre la tastiera è in
palissandro con i caratteristici segna tasti a forma variabile
Flowers&Diamond. La paletta, al contrario del resto, è
assolutamente originale con un design che richiama la forma tipica di
quelle da banjo, nera con una targhetta commemorativa del giubileo
della casa. Le meccaniche sono Grover tre in linea, di ottima
qualità, molto simili alle Kluson dell’epoca. Corpo, manico e
paletta sono contornati da un binding bianco, richiamato anche dai
tre cerchi concentrici che ornano la rosetta alla buca. Capotasto e
ponte sono in osso. Nel complesso lo strumento è realizzato in
maniera impeccabile, senza sbavature e con una cura dei dettagli
notevole. Anche all’interno della buca gli incastri sono netti e
precisi, senza eccesso di colla a vista. Lo shape del corpo è
particolare, definito all’epoca “Troumbadour”. No, non in
riferimento a quello che pensate, ma in omaggio all’omonimo film
del 1908 di Vin Garbutt. Contrariamente a quello che avveniva in
Europa, in America il commento sonoro alle pellicole mute veniva
eseguito quasi sempre da chitarristi, che avevano quindi bisogno di
strumenti comodi da trasportare, ma con grande emissione sonora.
Caratteristiche che sulla RNJ ritroviamo appieno. Nonostante le
dimensioni contenute della cassa, il volume è notevole e la
proiezione, soprattutto in frontale, va al di là delle aspettative.
Da ascoltare mentre qualcun altro la suona per rendersene conto
appieno. Il suono è particolare, molto più vicino a quello di una
arch top da jazz che a una acustica tradizionale. L’attacco è
secco, pronto e diretto, lo stesso si può dire per il decadimento.
Il sustain non è infinito, nonostante la paletta importante, che
sbilancia anche un po’ la chitarra verso il manico. La gamma sonora
espressa è completa e bilanciata, senza buchi e senza eccessi. Con
la fondamentale sempre ben in evidenza, senza abbondanza di overtone.
Difficile dire se si avvicina alla Nick Lucas, non avendo mai avuto
il privilegio di provarne una. L’ultima apparsa su E Bay, lo scorso
Natale, è stata battuta a 27.000 Euro e spiccioli. Ma si tratta
sicuramente di una chitarra interessante, con carattere e
personalità. Molto versatile, da suonare a plettro o con le dita
poco importa. Ideale, neanche da dire, per la musica dell’epoca cui
fa riferimento.
La ROS 616, invece, si ispira a quello che probabilmente per molti è l’archetipo della chitarra acustica: la triplo zero Martin, pre war, con attacco del manico al XII tasto e paletta sloted. Un modello più conosciuto, forse, ma ugualmente inaccessibile ai comuni mortali. Anche in questo caso siamo di fronte a uno strumento realizzato interamente con materiali di qualità. Anzi, forse è più corretto dire materiale, al singolare, visto che è tutta in mogano: tavola, fasce, fondo e manico. Il legno del top, in particolare, è molto figurato, sicuramente di buon livello e d’effetto. Le giunzioni della cassa sono ornate da un binding bianco a cui si aggiunge, solo sulla tavola, una decorazione a “lisca di pesce”, dello stesso colore. Il ponte in palissandro, con profilo piramidale, ha il sadle – in osso, come pure il capotasto – passante e non a incastro. Anche tastiera e copertura della paletta sono in palissandro, in un bel gioco di rimandi che crea un piacevole impatto estetico. I segna tasti sono i classici dot in perloid. Sulla paletta non è riportato alcun logo, le meccaniche anche in questo caso delle Grover di ottima qualità, sono del tipo singolo aperto. Sul retro della paletta, sulla giunzione con il manico, è presente il caratteristico diamante di rinforzo. Uno strumento, nel complesso, molto essenziale ma ben realizzato, con la stessa cura già apprezzata sulla RNJ. Malgrado la scala sia quasi standard – 648 mm – l’innesto del manico al XII e il nut largo regalano immediatamente una sensazione di comodità e di facilità di approccio alla chitarra. Ben bilanciata e con un set up decisamente comodo, si lascia suonare praticamente da subito. Personalmente non ho mai apprezzato molto le chitarre completamente in mogano, spesso mi fanno l’effetto di scatole da scarpe con le corde. Ma in questo caso devo ammettere che ho dovuto mettere da parte tutti i miei preconcetti. La 616 ha un gran suono. L’attacco dolce e rotondo, accompagnato da una punta di riverbero naturale, sostiene un tono complesso e articolato. Il sustain è corposo e molto lungo. Più che una triplo zero sembra di avere tra le mani una OM o una GC. Bassi, medi e acuti sono ben presenti con equilibrio e misura. Anche il volume è oltre le previsioni, a vantaggio sia della dinamica che della proiezione frontale. Contrariamente a quello che si penserebbe solo guardandola, si tratta di uno strumento molto versatile, adatto al fingerstyle quanto all’accompagnamento del cantato. E anche con il plettro non sfigura affatto. Se poi ci si vuole suonare anche quel roots blues per cui la chitarra sembra fatta apposta, tanto meglio.
Come il giorno e la notte: due strumenti molto diversi tra loro, accomunate dal buon livello qualitativo della realizzazione, oltre all’utilizzo di materiali di qualità. I prezzi sono assolutamente accessibili, l’ideale per chi si voglia avvicinare a modelli di chitarre “storiche” senza indebitarsi per il resto della vita. Non hanno la pretesa di essere repliche filologicamente corrette fino alla mania, ma sono fatte per suonare bene. In particolare la ROS 616 è la dimostrazione lampante, una volta di più, che in questo campo l’unica certezza è... non avere certezze e tenere sempre le orecchie bene aperte.
RECORDING KING RNJ 25 N
Prezzo di listino sotto i 750 Euro
Tavola in Abete
Fasce e Fondo in Acero
Manico in Mogano
Scala corta, nut standard
RECORDING KING ROS 616
Prezzo di listino sotto i 700 Euro
Tavola, Fasce e Fondo in Mogano massello
Manico in Mogano con profilo a V
Nut largo, innesto al XII
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