Kay Guitar Company è stata la pricipale produttrice di chitarre in America fin dal 1890. Nel 1928 è stata la prima a realizzare chitarre elettriche su scala industriale. E dal ’52 al ’64 ha rappresentato, di fatto, un riferimento imprescidibile sul mercato, per qualità dei prodotti e diffusione capillare. Grazie anche alla vendita per corrispondenza che in quegli anni, soprattutto nelle aree rurali, ha giocato un ruolo fondamentale per la diffusione di massa degli strumenti musicali. Jerry Reed, Howlin’ Wolf e T-Bone Burnet, solo per citarne alcuni, suonavano chitarre Kay. L’avvento dei colossi Fender e Gibson ne ha poi decretato un lento, ma inesorabile declino nel decennio successivo. Ma sono strumenti rimasti nell’immaginario collettivo, anche per merito di un design estremamente accattivante e in linea con il gusto dei tempi. Non sono neanche impossibili da reperire sul mercato del vintage a prezzi abbordabili: erano costruiti bene e fatti per durare nel tempo. Se ne trovano ancora moltissimi e in ottime condizioni.
Roger Fritz invece è un liutaio professionista, che ha lavorato per gente del calibro di George Harrison e Randy Jackson, oltre ad aver maturato una significativa esperienza in Gibson, come responsabile del settore Dobro prima e Bluegrass in seguito. Appassionato musicista, innamorato alla follia del suo vecchio basso Kay degli anni ’50, ha poi fondato la sua compagnia, The Fritz Brothers Guitar. Era quindi la persona più adatta a cui rivolgersi per una partnership mirata alla rinascita del marchio Kay. Nel suo laboratorio a Mendocino, Roger si occupa della realizzazione della serie Recording Studio, strumenti di fascia alta realizzati esclusivamente su richiesta, ma segue anche attentamente la progettazione e il successivo controllo qualità della produzione in serie, ora delocalizzata in Cina per ovvi motivi economici.
Quindi, grazie a questa fortunata congiuntutra astrale, oggi è di nuovo possibile avere per le mani un piccolo pezzo di storia americana.
La Jazz II ricevuta in prova è una semi acustica Hollow Body a cassa sottile, ma non troppo. Una sorta di via di mezzo, insomma, tra una 335 e una 175, tanto per fissare parametri noti di riferimento. La chitarra è interamente realizzata in acero, fiammato per il top, canadese per il manico e laminato bombato per fasce e fondo. La cassa è bordata con un binding in celluloide bianco, mentre il manico ha un profilo in acero e monta una tastiera realizzata in palissandro. Una menzione a parte la meritano i particolarissimi segnatasti, sempre in celluloide, dal design assolutamente originale. Il grosso battipenna bianco, sempre in plastica, dalle linee spigolose, si accorda alla perfezione con il logo della Kay montato sulla paletta. Si tratta di un fregio in 3D, riportato, che ricorda moltissimo i simboli montati sui radiatori o sui cofani delle covertibili anni ’50. Sempre sulla paletta nera, che monta meccaniche Grover Rotomatics cromate, è presente la mascherina che nasconde l’accesso al trussrod su cui è riportata la firma di Roger Fritz. La parte elettronica è molto semplice, con due single coil Kleenex Box – anche se le dimensioni abbondanti potrebbero far pensare a dei P90 – con controlli separati di tono e volume e un selettore a tre posizioni standard. Il ponte tremolo è della Bigsby con sellette Roller.
La realizzazione dello strumento è impeccabile e, anche se la pesante verniciatura nera non lascia vedere nulla dei legni, la finitura in poliestere lucida si accorda perfettamente con lo stile scelto. Uno strumento decisamente affascinante, realizzato con cura anche dal punto di vista filologico e storico. Per quanto riguarda il suono non tradisce le attese. E non stupisce affatto che fosse una delle chitarre preferite di Jerry Reed: basta infilare il plettro da pollice, appoggiare il palmo della destra sul ponte e accennare le prime note di… (inserite a piacimento il vostro pezzo preferito del chitarrista americano) per trovarsi catapultati nella giusta atmosfera. Onestamente, in questo contesto, del tremolo se ne potrebbe anche fare a meno, ma rimane una componente fondamentale di quel bel twang che la chitarra è in grado di esprimere. A dispetto del nome, forse ha una vocazione più rockabilly e blues che non di stampo prettamente jazzistico, ma si tratta comunque di un ottimo strumento, con una voce originale e un ottimo rapporto qualità/prezzo.
Tipo: Chitarra semiacustica
Top: Acero fiammato
Catene: Acero
Fasce e fondo: Acero
Manico: Acero canadese
Tastiera: Palissandro
Ponte: Tremolo Bigsby
Binding: celluloide
Meccaniche: Grover cromate
Amplificazione: 2 Single Coil
Larghezza al capotasto: 46 mm
Distanza Mi-mi al ponte: 59 mm
Scala: 650 mm
Tasti: 20
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