Gira su Internet, da qualche anno, un filmatino veramente esilarante sui gatti che ascoltano musica in cuffia. Le immagini, catturate dal video, non gli rendono giustizia. Se ancora non vi è arrivato dal vostro spacciatore di spamm di fiducia, per vederlo basta digitare “gatti ascoltano musica” su qualsiasi motore di ricerca e seguire uno qualsiasi dei link che appaiono. Ne vale davvero la pena.
Ma il vero rapporto dei nostri (a)mici con la musica qual’è? Si sente spesso sostenere da molti umani quanto il loro gatto sia raffinato e colto, in fatto di gusti musicali. E con quanta decisione mostra il proprio gradimento o il proprio dissenso.
In effetti l’udito nel gatto è uno dei più raffinati dell’intero mondo animale. Essendo di natura cacciatore, i suoi sensi sono affinati e finalizzati allo scopo. Gli umani percepiscono fino a 20mila cicli al secondo, mentre i felini arrivano anche fino a 65/100mila cicli al secondo, captando suoni che sono alla portata solo dei pipistrelli. Stiamo parlando di un’estensione superiore di due ottave a quella che noi riusciamo a sentire normalmente. Inoltre possono distinguere, con un’approssimazione del 75%, tra due suoni differenti, provenienti da due fonti separate, distanti fra loro non più di 10 cm. Inoltre pare che abbiano l’orecchio assoluto, in grado di distinguere tra due suoni apparentemente simili, distanti fra loro solo un decimo di suono. Tutto questo grazie alla particolare conformazione del cranio.
Il gatto ha due ampie camere di risonanza, dette bullee, sotto l’osso timpanico, che ne potenziano le capacità. E gli permettono di sentire il fruscio del malcapitato topolino di turno a distanze ragguardevoli, oltre a captare tutta una serie di segnali che noi non siamo assolutamente in grado di percepire. Ed ecco perché, magari nel silenzio più assoluto, il gatto più placido del mondo, impegnato una jam session di fusa memorabile, si alza di scatto e parte come un razzo. Noi non abbiamo sentito niente, ma di sicuro qualcosa lo ha attratto in maniera irresistibile. Allora perché quando li chiamiamo, disperati, supplicanti, quasi alle lacrime, per farli rientrare a casa o semplicemente per controllare che siano ancora in circolazione, ci ignorano bellamente? Proprio perché ci sentono benissimo, e decidono con serenità di ignorarci, tanto non è niente di importante!
Ma la musica? Se è assodato che con la classica le mucche producono più latte e le galline fanno più uova, ai gatti che effetto fa? E che genere ci vuole? In America (e dove altrimenti?) sono assolutamente convinti che abbia un affetto calmante e rassicurante su tutti gli animali da compagnia, compresi criceti, pappagalli e furetti. Al punto che è nata DogCatRadio, una bizzarra emittente radio via Web che è stata studiata appositamente per far compagnia a tutti i pets che, durante la giornata, languono a casa da soli. Le hits del momento pare che siano, manco a dirlo, “Who let the dogs go out” dei Baha Men e “That’s friends are for” di Dionne Warwick. Nel corso delle diciassette ore giornaliere di trasmissione voci suadenti e gentili declamano brevi racconti e poesie, sempre ovviamente a senso unico, alternate a laconici messaggi etici, tipo “Lascia stare il postino, ricordati che sta solo consegnando la posta”. La risposta dall’oriente non si è fatta attendere naturalmente. In Tailandia ha cominciato a trasmettere, sempre via Web, Dog Radio, nata da un’idea di Anupan Boonchuen, un addestratore di cani che sostiene che gli animali abbiano il senso del ritmo. Questo signore si è spinto anche oltre, aprendo la prima scuola per deejay canini, in grado di discernere tra abbaii e uggiolii vari il livello di gradimento dell’uditorio.
Qualche esperimento in questo senso era già stato fatto a metà degli anni ’90. Dagli scaffali di negozi straripanti di paccottiglia new age spesso occhieggiavano dei tragici Cd con la pretestuosa etichetta di Music for Cats. Per fortuna se ne è persa quasi ogni traccia, anche se tramite Internet è ancora possibile procurarsene qualche copia, da tenere come memorabilia. Assolutamente da non ascoltare.
Ci sono precedenti illustri, di gatti in musica, dai jazz cats degli Aristogatti, ai più famosi 44 in fila per 3 col resto di 2, dalla Gatta di Gino Paoli fino al celeberrimo musical di Andrew Lloyd Webber, Cats. Non esiste, però, nessun studio scientifico in merito, come ho potuto appurare dopo una veloce ricerca. Ma una caratteristica comune a tutti i gatti da appartamento pare essere quella di preferire la musica che il compagno umano trova più rilassante. Niente di nuovo sotto il sole. Sappiamo bene quanto sia influenzabile l’umore dei nostri pelosotti in base ai nostri sbalzi d’umore. Mi sono allora dedicato a un po’ di osservazione sul campo, o meglio in appartamento, dato che di musica, bene o male ci vivo. Questo il risultato di quasi cinque anni di attenti appostamenti: di quattro gatte attualmente residenti, l’80% schizza via all’istante non appena accendo l’impianto stereo. Se immediatamente dopo mi stendo sul divano, magari con un libro, ho un ritorno del 100% di tutte le fuggite che in 15/20 secondi mi si colano addosso.
Se invece imbraccio la chitarra (e suono solo la chitarra acustica) la percentuale di fuga scende di un ulteriore 20%. Ma i profughi si posizionano al lato opposto della casa. Per non tornare più. E per fortuna nessuna di loro ha ancora imparato a chiudere le porte. Del 40% che non si da alla latitanza, la metà ha un comportamento del tutto casuale, nel senso che rimane dove si trova, senza degnarmi di uno sguardo. In buona sostanza solo una delle mie gatte ha mostrato chiaramente di apprezzare la musica in generale, e quella della chitarra acustica in particolare. Al punto che spesso mi si piazza sulla spalla destra, proprio mentre sto suonando e fa le fusa. Carina, vero? Peccato che la tecnica e l’esecuzione ne risentano, parecchio.
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