Ho cominciato circa una ventina d’anni fa, quando mi sono reso conto che non sarei mai diventato un vero chitarrista. E una volta contratto, il contagio con la liuteria diventa inguaribile” – si presenta così Alberto Bonafini - “Ho avuto la fortuna di poter imparare da uno dei più grandi liutai che abbiamo in Italia, il Maestro Lorenzo Frignani” – prosegue – “Ho studiato e mi sono diplomato all’istituto d’arte, la costruzione degli strumenti mi ha sempre affascinato. Quando ho conosciuto Lorenzo, è stato di una gentilezza incredibile. Mi ha accolto in laboratorio e mi ha dato i primi rudimenti del mestiere. Poi ho proseguito da solo, leggendo, documentandomi, rompendo le scatole a tutti i liutai che mi passavano a portata di mano”. Poi è arrivata la folgorazione per il lavoro di Klein, che è lampante in tutta la sua produzione attuale. “Ritengo Klein e Kascha due personaggi fantastici, che hanno dato moltissimo alla liuteria moderna. Sono stati una fonte infinita di ispirazione per i miei lavori. E i risultati sono stati più che soddisfacenti” – spiega Alberto. In effetti, i suoi strumenti si caratterizzano, oltre che per un eccellente impatto visivo, grazie all’uso di essenze particolari, su tutte il pioppo, anche per l’originalità del design e l’ottima proiezione sonora. Alla prova pratica, la TS01 messa a disposizione, nonostante profumasse ancora di colla e nitro, ha impressionato per l’eccellente equilibrio e l’ottimo bilanciamento, nonché per una suonabilità immediata.
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E’ proprio questo che cercavo, principalmente, nei miei strumenti: il perfetto equilibrio di tutte le note sulla tastiera” – spiega – “e con questo tipo di catenature che ho messo a punto, da cinque/sei anni a questa parte, ho ottenuto risultati che mi hanno soddisfatto molto. In pratica ho cercato di unire i dettami di Torrens a quelli di Kascha, quindi catenature a ventaglio e a chiocciola. Il mio è un ibrido delle due cose, con una o due catene trasversali, che non si innestano nella chiocciola, ma si innestano a raggiera in quelle trasversali, giocando sugli spessori. A seconda della tavola armonica, in funzione dello spessore e della grana, decido al momento quali spessori tenere per le catene. In termini di proiezione, dinamica e volume il miglioramento è significativo.”
Ma la produzione di Bonafini non si limita alle acustiche, ma comprende classiche, elettriche, bassi elettrici, chitarre arpa e, ultimamente, anche violini. Una caratteristica costante, però, in tutti i suoi strumenti, è l’utilizzo dell’abete italiano, meglio se fiammato e della Val di Fiemme per i piani armonici. “Non utilizzo altro” – conferma – “ho fatto qualche esperienza con il Sitka, ma in tutta onestà preferisco quello nostrano. Fasce e fondo per le acustiche sono di preferenza in palissandro indiano, o brasiliano quando si trova. Ma anche i nostri molto più modesti acero, noce, mogano e pioppo danno ottimi risultati. Il noce in particolare, da risultati sorprendenti. Del resto le scorte di legname pregiato si stanno esaurendo e gioco forza bisognerà trovare delle alternative. Per le classiche il discorso cambia ancora, e trovo che il cedro per il piano armonico dia risultati molto dolci e definiti”.
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