Come in tutte le cose belle, ovviamente siamo arrivati a una ‘fine’, e il modello Jumbo delle effedot è l’ultimo che ancora ci resta da testare dell’attuale produzione. E, in maniera altrettanto classica, parleremo di dulcis in fundo, ovviamente, come vedremo tra poco. In realtà, mentre stiamo preparando questo articolo, tutta una serie di novità stanno bollendo in pentola (così abbiamo anche terminato il repertorio di figure retoriche banali e non ci pensiamo più). Visto l’ottimo riscontro che la serie 1 ha avuto sul mercato – leggi anche bruciate via alla velocità della luce – a breve sarà presentata la nuova serie, una ‘evoluzione della specie’ con diverse varianti a disposizione: spalla mancante, amplificazione on board, finitura lucida, varie ed eventuali... naturalmente ci torneremo sopra in maniera adeguatamente approfondita quanto prima, ma una piccola anticipazione ci stava, tanto per stimolare l‘appetito...
Bene, torniamo alla ‘ragazzona’ oggetto della prova. La J1 rispetta in pieno quelli che sono i canoni costruttivi della serie di riferimento. Quindi tavola in abete, fasce e fondo in mogano, il tutto con finitura a poro aperto e unito da un binding BWB in materiale plastico. Legni masselli a queste cifre non se vedono, facciamocene una ragione. Il decoro alla buca, molto semplice ed essenziale, richiama l’impiallacciatura della paletta, rifinita in mogano e palissandro, che monta meccaniche dorate con palettina nera simil-ebano. Il monte in palissandro, in match con la tastiera, è l’unico elemento ‘originale’ della chitarra, essendo diverso su ogni modello della serie 1, che mantiene nel complesso la sua cifra stilistica senza tralasciare un piccolo tocco di creatività. Come per tutte le altre, anche in questo caso la realizzazione dello strumento è impeccabile: la costruzione è precisa, pulita, senza sbavature. Anche all’interno della cassa non si notano imprecisioni di sorta. In compenso si può dare uno sguardo all’innovativo sistema di catenature che montano queste chitarre, il loro vero punto di forza: il Triangle Punched Bracing, di cui abbiamo parlato diffusamente nei numeri precedenti.
Il manico in mogano, con profilo a C abbastanza corposo ma non troppo, è a scala corta con nut da 46 mm, con i consueti dot bianchi riportati sulla tastiera. Anche in questo caso siamo in ‘standard’ effedot, ma non esattamente fedeli alla tradizione. Una chitarra jumbo a scala corta come suonerà? Stiamo per scoprirlo.
Alla prova pratica la chitarra non delude assolutamente, anzi. Da un lato abbiamo la botta e la definizione tipiche di questo shape, con una spinta molto forte sui bassi e sui cantini. Ma la definizione sulle medie non manca, dando all’insieme un piacevole bilanciamento. I bassi sono molto presenti, ma non boomy come spesso capita sulle jumbo, e il resto non è mai troppo indietro. Volume e dinamica ce ne sono da vendere, l’accoppiata tra catenature alleggerite e tavola a poro aperto in questo senso è davvero una garanzia. La comodità del manico, in questo formato, è davvero notevole grazie anche all’ottimo set up con cui è arrivata.
A questo proposito è necessario aprire una piccola parentesi: il set up delle effedot è generalmente ottimo (al diavolo la falsa modestia), ma ovviamente non può soddisfare la totalità delle esigenze. Per questo è stata creata una rete di assistenza, le Officine effedot, che in realtà sono poi alcuni dei migliori liutai italiani, che per una cifra davvero simbolica sono a disposizione per sistemare il settaggio delle chitarre a seconda delle esigenze di ciascuno. L’elenco aggiornato è sul sito effedot.com.
Dicevamo della J1: l’accoppiata scala corta e corpo grande è estremamente azzeccata e decisamente versatile, l’ideale per chi cerca una chitarra per tutte le stagioni. Plettro, dita, tecnica mista... quello che vi pare, la chitarra suona alla grande in qualsiasi contesto e con una voce definita e personale.
Considerato il prezzo di vendita non c’è molto da aggiungere... provatela e poi fateci sapere. Il problema è solo che se mi tengo anche questa, stavolta il distributore mi manda qualcuno sotto casa...
N.B. Come ho già scritto in tutti gli altri articoli, essendo stato coinvolto in prima persona nella progettazione degli strumenti, non c’è alcuna pretesa di obbiettività in questi scritti. Solo la volontà di comunicare, in maniera sincera, sensazioni ed entusiasmo. Per tutto il resto ci sono le vostre orecchie.
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