Intervista pubblicata su Chitarre nel 2003
Difficile immaginare due chitarristi più diversi, per estrazione e formazione, di Peppino D'Agostino e Stef Burns. Quasi impossibile pensarli su un palco assieme. Al punto che, di fronte alla locandina che presentava la prima data del loro tour italiano, si è pensato che si trattasse di uno errore, o che, più probabilmente, dividessero semplicemente la serata. Che errore... ma questo abbiamo avuto modo di approfondirlo solo in seguito.
Peppino D'Agostino è uno dei nostri, tanti, troppi, talenti immigrati negli States in cerca di fortuna. Sono passati ormai 15 anni da quando è volato a San Francisco per inseguire il suo sogno di chitarrista e compositore. Completamente autodidatta, è un autentico virtuoso della chitarra acustica, considerato a tutti gli effetti un capo scuola del finger style. In pochi gli si avvicinano nella padronanza dello strumento e nel lirismo compositivo, nella capacità di andare ben oltre i limiti dello strumento. La continua ricerca, la sperimentazione, l'uso di accordature alternative, sempre differenti, lo hanno condotto a una impronta sonora inconfondibile e molto originale. Con dieci album all'attivo, ha appena pubblicato un'antologia dei suoi lavori più significativi con la Favorited Nation Acustic di Steve Vai. La sua musica, la sua ispirazione, nascono da un variopinto mosaico di esperienze e influenze con salde radici nella musica popolare italiana e in quella mittel-europea. Ne scaturisce un melange musicale accattivante e coinvolgente. Dieci anni fa questa musica veniva sbrigativamente catalogata come new age, ora la “nuova chitarra acustica”, grazie a musicisti di questo calibro, sta davvero vivendo la sua età dell'oro.
Stef Burns, invece, è nato a Oakland, California, ed è cresciuto a Walnut Creek. Ha cominciato a suonare la chitarra all'età di 6 anni. Dopo varie esperienze giovanili, in cover band che spaziano dal rock anni '70, alle sperimentazioni fusion Jazz/Rock, nel 1979 emerge con il suo primo gruppo importante: gli Omega, una band funky, formata dagli ex componenti del gruppo di Elvin Bishop, Bill e Reni Slais, e Mickey Thomas. Nell'aprile 1990 fa un breve tour negli States col sassofonista jazz Sadao Watanabe, il chitarrista degli Yellow Jackets, Will Kennedy e il bassista Keith Jones. Su indicazione di Joe Satriani, all'inizio del 1991, Alice Cooper lo chiama con sé per il suo nuovo album. Stef ha suonato in "Hey Stoopid" e "The Last Temptation" ed è rimasto con Alice dal 1991 al 1995, per il tour "Monsters of Rock", in America latina, con Ozzy Osborne, Megadeth e Faith No More e ancora nel 1998 negli States. Dal 1996 (tour "Nessun Pericolo per te") è la chitarra elettrica di Vasco Rossi. Negli Stati Uniti, la sua ultima band è stata Huey Lewis and The News, in cui ha preso il posto di Chris Hayes. Dal 1989 Stef ha la sua band, "Stef Burns Group", con cui si esibisce in molti appuntamenti nell'area di San Francisco.
Li abbiamo incontrati a Lu Monferrato, un bellissimo paesino nelle langhe piemontesi, prima del sound check della serata inaugurale del loro tour, al Mephisto Rock Cafè. Si tratta di uno di quei piccoli locali, mandati avanti con tanto amore e passione, in cui si ascolta solo musica di ottima qualità. Sin dalle prime battute ci siamo resi conto di avere davanti due amici di vecchia data, che insieme si divertono come bambini in un negozio di giocattoli.
Chitarre. Allora, ci raccontate come è nata questa “strana coppia”?
D'Agostino. (Ridacchia, mentre traduce per Burns) È colpa dei nostri figli, che vanno a scuola insieme, in California. Noi viviamo in una piccola città, Venice, vicino a San Francisco. Un comune amico, Richard Friedmann...
Chitarre. Il giornalista musicale?
D'Agostino. Proprio lui, lo conosci? Sì? Comunque, anche suo figlio frequenta la stessa scuola e ha deciso che doveva proprio farci incontrare. Ci ha presentato e abbiamo cominciato a suonare insieme, per delle serate di beneficenza a favore della scuola, per raccogliere fondi per la biblioteca dei ragazzi. Abbiamo scoperto di avere molto in comune, oltre la musica, ed è nata una bella amicizia.
Burns. Sono andato, di nascosto, a sentire un suo concerto, dopo che Richard me ne aveva parlato, e... ragazzi, mi è crollata la mascella quando l'ho sentito suonare.
D'Agostino. Anch'io ho fatto la stessa cosa, non so se lo sai (rivolto a Stef), quando sono uscito la mia, di faccia sembrava quella di The Mask, hai presente il film?
(Risate e versi per qualche minuto)
Chitarre. Provenendo, però, da esperienze musicali così diverse, come siete riusciti a conciliare vostri stili, così lontani?
Burns. Ci siamo messi a suonare, e basta. Conosci questa canzone? Ok, via, è musica...
D'Agostino. Diciamo che non abbiamo fatto fatica a trovare terreno comune. Abbiamo scelto dei brani che piacessero a entrambi e abbiamo cominciato a lavorare su quelli. Dal bluegrass, alla musica brasiliana, fino a certe sonorità dei compositori francesi contemporanei, abbiamo individuato una buona base di partenza e, soprattutto, abbiamo cercato di divertirci.
Chitarre. Ad esempio?
D'Agostino. Birdland dei Wather Report, Manha do Carnaval di Luis Bonfà, Passion di Tony Murena...
Chitarre. Ma dal punto di vista prettamente chitarristico, come avete ripartito gli interventi? Come gestite l'interplay tra acustica ed elettrica?
D'Agostino. Molto dipende dal brano. In Passion, ad esempio, che è stato scritto originariamente per fisarmonica, nell'arrangiamento per chitarra ci siamo divisi in maniera netta melodia e accompagnamento. Mentre in altri brani io sostituisco l'orchestra e Stef improvvisa a ruota libera.
Burns. Suonare con Peppino è come avere sul palco bassista, chitarrista, tastierista e percussionista insieme, è davvero incredibile, mi lascia molta libertà. Il mio diventa un ruolo molto melodico, quasi da saxofonista.
D'Agostino. In alcuni brani uso anche la chitarra sinth, una Godin con le corde in naylon, per creare i tappeti sonori e le atmosfere delle canzoni.
Chitarre. Visto che siamo entrati in argomento, parliamo un po' di chitarre...
Burns. La mia favorita è sempre la Stratocaster. È sempre la stessa da dieci anni a questa parte, uso una strato del Custom Shop, realizzata su mie specifiche. Tastiera in palissandro, meccaniche autobloccanti, capotasto con roller nuts. Monta un Seymur Duncan Hot Rails al ponte, splittabile, e due Texas Special della Fender al centro e al manico. Per l'amplificazione, in questo tour, sono purtroppo legato a quello che offrono i service, comunque quando posso scegliere preferisco un Fender Hot Rod Deville, oppure un Marshall JTM 900 o un Mesa Boogie Dual Rectifier. Come effettistica mi limito a un Quadraverb della Alesis, un sustainer della Boss e un Tube Screamer della Ibanez.
D'Agostino. Come acustica uso esclusivamente una Seagull, che è stata progettata e costruita su mie indicazioni.
Chitarre. Si tratta di una signature modell?
D'Agostino. Sì, viene commercializzata con il mio nome, anche se non so se qui in Italia è già disponibile. Anzitutto ha il manico sovradimensionato in larghezza...
Chitarre. E le Seagull hanno già un capotasto di tutto rispetto...
D'Agostino. Già, ma la mia è quasi a livello di una chitarra classica. La tavola superiore, di mogano, non è piatta come nelle acustiche tradizionali, ma ha una leggera bombatura. Non come in una arch top, ovviamente, ma è ben visibile. Anche sulle incatenature interne è stata fatta un'attenta ricerca per ottenere un suono molto definito, con un buon volume. Quasi un'equalizzazione naturale, se mi passi il termine, del legno. L'elettronica è della L.R. Bags, di nuova progettazione, che unisce la tecnologia I-Beam a un trasduttore piezo elettrico a microfilm (ZE Wired) posizionato sotto il ponte. E la resa è davvero notevole. Come sintetizzatore, invece, ho una Godin Jazz Multiact, che pilota un Roland G33. Entrambe le chitarre sono collegate a un AER, mi piace avere sul palco un piccolo ampli che faccia anche da spia, ma sull'acustica non uso effetti.
Chitarre. Che corde usate?
Burns. Dean Markley 0.10 – 0.46, scalatura media.
D'Agostino. Elixyr, di cui sono anche endorser.
Chitarre. Quante date prevede questo tour?
D'Agostino. Questa è la prima delle sei date italiane.
Chitarre. Ma questa esperienza avrà anche un seguito discografico?
D'Agostino. Si, sicuramente. Ancora non sappiamo se sarà un disco dal vivo o interamente registrato in studio, ma di sicuro vogliamo fare un disco assieme. Come e quando, ancora non saprei dire.
Burns. Siamo ancora in una fase di rodaggio e di sperimentazione.
Chitarre. In studio lavorate come dal vivo, o cambia qualcosa, magari dal punto di vista della strumentazione?
D'Agostino. Abbiamo già registrato qualcosa assieme, proprio prima di iniziare il tour, in un importante studio americano, e abbiamo avuto modo di provare una nuova tecnologia derivata dal Dolby Surround 5.1.
Burns. Non so i dettagli tecnici, ma si tratta di un nuovo sistema con una purezza di suono incredibile, che ti arriva da tutte le parti (mimando e ridendo). Non è stata una seduta molto lunga, per cui non sono in grado di spiegare meglio. Con quello che costa la sala d'incisione arrivi e ti metti a suonare, e cerchi anche di sbagliare poco, altrimenti... Comunque, scherzi a parte, l'unica differenza quando lavoriamo in studio sta nel fatto che registriamo in sale separate, per un problema di volumi. La chitarra elettrica ha bisogno di più gain per avere una resa ottimale, per dare la giusta spinta. Per il resto è tutto uguale al set che vedrai questa sera.
Chitarre. Personalmente, ritengo che stiamo vivendo un buon periodo per la chitarra, dopo anni di “recessione”, in particolare per quella acustica...
D'Agostino. È assolutamente vero, sia per quanto riguarda il livello qualitativo degli strumenti in circolazione, sia per l'attenzione che le case costruttrici stanno riservando alla ricerca in questo settore. In California poi, e parlo solo di quello che ho toccato con mano, ci sono dozzine di liutai che producono strumenti davvero eccezionali. Musicalmente è un periodo di grande fermento, ci sono in giro un sacco di chitarristi davvero in gamba, che sperimentano anche proposte molto interessanti, e i posti dove suonare dal vivo stanno aumentando in maniera esponenziale. Del resto, il fatto che un musicista come Steve Vai crei e promuova un'etichetta discografica esclusivamente riservata alla chitarra acustica è un buon termometro della situazione.
Chitarre. Come sei entrato in contatto con Vai?
D'Agostino. Dopo un concerto in Canada, il promoter della sala in cui avevo suonato è venuto a farmi un po' di complimenti e mi ha consigliato di prendere contatto con una sua amica, che si occupa proprio di fare lo screaming per la National Acustic di Vai. Così ho fatto e circa sei mesi dopo ho ricevuto una e-mail da Steve che mi diceva quanto aveva apprezzato la mia musica e che gli sarebbe piaciuto avermi in squadra.
Chitarre. E lui che tipo è?
D'Agostino. Ma sai, io l'ho visto solo per pochi minuti al NAMM. Era circondato dai fans e presidiato da un paio di enormi guardie del corpo. Io mi sono avvicinato a uno dei bodygard, che mi guardava malissimo, e gli ho chiesto di passare il mio biglietto da visita. Poi mi ha riconosciuto e ci siamo stretti la mano, ma è finito tutto lì. Non posso certo dire di conoscerlo bene.
Chitarre. Della cosiddetta “nuova chitarra acustica”, di questo approccio allo strumento, più percussivo e a volte estremo cosa ne pensi? Mi vengono in mente Hedges, ma anche Giordano e Lupi per rimanere in Italia?
D'Agostino. È molto, molto interessante. Anch'io sto sperimentando molto l'uso della chitarra con le percussioni, anche se non suono in tapping. Ma bisogna non farsi prendere troppo dalla resa scenografica che hanno queste tecniche. Sono di sicuro impatto, non c'è dubbio, ma fanno parte dello spettacolo, non bisogna lasciarsi coinvolgere troppo. A volte è molto più difficile suonare in maniera tradizionale, credimi. Mano destra e mano sinistra... già così c'è un mare di lavoro da fare.
Chitarre. A proposito di bei personaggi, Stef, continui a lavorare con la Band di Vasco Rossi?
Burns. Probabilmente ancora per un anno, ci sono in programma un nuovo disco e una tournée, ma non so ancora nulla di preciso.
Chitarre. In che rapporti sei con Vasco?
Burns. Lui è simpaticissimo, poi ci mette una passione incredibile quando canta, quando si esibisce dal vivo.
Chitarre. Contrariamente all'immagine che ha sul palco, quando l'ho conosciuto mi è sembrato incredibilmente serio e professionale...
D'Agostino. Io l'ho conosciuto esattamente vent'anni fa, al suo primo Sanremo, e già allora si capiva che aveva tutti i numeri per venire fuori.
Burns. Assolutamente. Certo è una persona molto emozionale, un vero animale da palcoscenico. E forse proprio questo suo modo di interpretare la musica viene spesso scambiato per un atteggiamento un po' ai margini, un po' fuori dalle righe. In fondo si rifà alle icone classiche del rock, ma ti garantisco che prima di un concerto, tutto quello che fa è una seduta con il massaggiatore e un po' di footing.
Chitarre. Stavo pensando che, in fondo, siete entrambe due immigranti della musica, Peppino si è trasferito negli Stati Uniti quindici anni fa, e Stef, invece, ha trovato l'America in Italia...
Burns. (Ridendo di gusto) L'Italia, ormai, è la mia seconda casa. Quando sono in America ho sempre nostalgia degli amici, della gente. Fin dalla prima volta, ho sempre portato nel cuore un ricordo magico di questa terra. E poi si mangia così bene (altre risate).
Un'altra cosa molto importante è l'attenzione che c'è in Italia per la chitarra. Da noi, l'elettrica in particolare, è da tempo relegata ad un ruolo più marginale, ritmico, di sfondo magari ad una “bella figliola” (detto in italiano) che canta. Qui c'è molto più entusiasmo nei confronti dei musicisti.
D'Agostino. Io invece ho voluto andare contro lo stereotipo che vede il mercato musicale americano molto chiuso e difficile. Certo, non voglio assolutamente dire che all'inizio siano state rose e fiori, tutt'altro. Ma, in un certo senso, essere straniero, essere italiano, mi ha favorito. Venivo visto come un qualcosa di “esotico” e comunque c'era curiosità nei miei confronti. Da subito ho cominciato a suonare nei locali, a prendere contatti con manager e promoter, poi il primo contratto discografico... Comunque, il mestiere di musicista è difficile ovunque. Bisogna avere molta forza d'animo, molta fiducia in se stessi, tanta forza di volontà...
Chitarre. Questo in particolare nella dimensione di concerto “a solo” che tu spesso affronti...
D'Agostino. (Sorride) Beh, certo, è innegabile. C'è anche un rovescio della medaglia. Adesso, suonando con Stef, che è un metronomo umano, mi rendo conto di quanto mi faccio trasportare dalle interpretazioni, suonando da solo. Mentre in questa situazione sono obbligato ad essere preciso sul click, non posso sgarrare assolutamente.
Chitarre. Che consigli dareste ad un ragazzo che inizia a suonare la chitarra e vorrebbe fare della musica la sua professione?
Burns. Beh, anzitutto, come diceva Pastorius, suonare, suonare, suonare! Suonare con un gruppo da subito, se vuoi diventare il chitarrista di una band. E suonare anche tanto dal vivo, nei club, che è il vero banco di prova di un musicista. Fondamentale, poi, ascoltare tanta musica e diversificare il più possibile. Non fossilizzarsi sugli stilemi di un genere, ma essere aperti a tutto. Se vuoi diventare un buon chitarrista rock non puoi non aver ascoltato tanto blues, B.B. King, Albert King, Robert Johnson su tutti. I vari Vai, Sartriani, Malmsteen sono bravissimi, ma non puoi arrivare a capire il loro lavoro se non parti dalle radici.
D'Agostino. Per quanto riguarda la chitarra acustica, il discorso è un po' più complesso. È uno strumento che puoi suonare a molti livelli, partendo dall'accompagnamento classico nello stile dei cantautori, con approccio molto semplice e immediato. Se però vuoi fare un passo avanti e addentrarti nel finger style, devi essere in grado di tenere le orecchie bene aperte e non fossilizzarti su un solo genere musicale. Classica, jazz, musica irlandese, celtica, c'è bellezza ovunque, e la cosa fantastica della chitarra sta proprio nella sua versatilità, che ti permette di rapportarti a tutti questi universi sonori.
Comunque alla base, come diceva Stef, ci vuole tanta pratica che, forse, con l'acustica è ancora più necessaria. Spesso bisogna insistere per anni prima di ottenere dei risultati degni di nota, e ci vuole una gran disciplina per continuare a studiare. Altrimenti non si arriva da nessuna parte.
Burns. Un'altra cosa fondamentale è non limitarsi al proprio strumento. Per me è stato fondamentale, negli anni, l'ascolto dei batteristi, per imparare il giusto timing delle battute, dei pianisti e dei sassofonisti per il gusto e la fantasia nell'accompagnamento e nell'improvvisazione.
Chitarre. E voi, che musica ascoltate?
D'Agostino. In questo periodo ho perennemente nel lettore Cd i dischi di Roland Pyens, un chitarrista francese, di estrazione classica, davvero incredibile. Poi John McLaughlin, il primo amore... e ascolto molto anche un chitarrista americano, che è in assoluto il mio preferito, davvero bravo, un tale... Stef Burs! (risate).
Burns. Amo molto James Taylor, con la band dal vivo esprime una carica di energia incontenibile. Poi Pat Metheney, ma anche Bob Marley con i Warriors, Sly & the Family Stone.
A questo punto ci salutiamo e la strana coppia comincia il sound check per quella che si preannuncia come una serata memorabile.
Il concerto, in serata, parte con la canonica mezz'ora di ritardo sull'orario previsto, anche perché pare sia un'impresa non da poco staccare Burns dalla tavola apparecchiata. Il pubblico in sala è eterogeneo, proprio per l'estrazione così diversa dei due chitarristi, e il locale registra il tutto esaurito. E i due mettono subito le cose in chiaro, se ancora ci fossero dei dubbi: insieme fanno davvero spavento. D'Agostino sembra imbracciare un'intera band, anche quando non suona la guitar sinth, e Stef si dimostra un improvvisatore di tutto rispetto, proponendo un fraseggio elegante e molto tecnico, senza scadere nel virtuosismo esasperato. Dopo un paio di brani, prende il via quella che dovrebbe essere la clinic di Burns, con Peppino sul palco solo in veste di traduttore, ma è chiaro che ormai è tardi e hanno voglia di suonare più che di chiacchierare. Dopo un paio di battute con il pubblico, tipo: «Molto bello il suono della chitarra sul primo brano, che effetti hai usato?» «Oh... i push numero 5», l'americano lascia il palco per il set che prevede il solo di D'Agostino.
Il primo brano, un pezzo nuovo appena aggiunto al repertorio, è di quelli da perdere il controllo della mascella. A un intro di legati, hammer on e pull off, eseguiti esclusivamente con la mano sinistra, lentamente vengo aggiunti elementi ritmici eseguiti con la destra Tutta la canzone si sviluppa con questa struttura, aggiungendo via via pattern sempre più complessi, con le mani che lavorano in maniera completamente indipendente. A seguire, senza soluzione di continuità, tre composizioni tratte da “A glimpse of time past”, forse il suo album più bello. Moving On e Running Wild filano via secchi e diretti per aprire la strada a Kelsey Dance, con la sua intro a base di armonici artificiali eseguiti con la destra... da cardiopalma. Poi la Seagull di Peppino comincia a fare i capricci, il suono è indecente (si scoprirà in seguito che la pila del pre si rotta, fisicamente, all'attacco con il porta batteria), e mentre il tecnico di palco si adopera per risolvere il problema, passa alla Godin. Unica caduta di tensione della serata, per la verità, forse perché fuori programma, ma le versioni di “O'Sole Mio” e della “Ciaccona” di Bach al sinth lasciano un po' il tempo che trovano.
Poi è il turno di Burns, per il suo set da solo. Il simpatico chitarrista americano, dopo averci presentato la sua band, “la più economica del mondo”, ovvero un lettore Cd con delle basi registrate, parte a razzo snocciolando il suo repertorio. Versatilità, gusto e pulizia sono gli aggettivi che vengono alla mente, spontanei, ascoltando la strato di Stef passare con eleganza da un funky a un blusaccio tiratissimo, spaziare per rarefatte atmosfere jazzate e, alla fine, atterrare su un piccolo omaggio al Vasco Nazionale. I brani, tutti tratti dal suo disco da solo “Swamp Tea”, mettono in mostra le potenzialità di un musicista a cui il ruolo di gregario, sia pur di lusso, comincia evidentemente a stare stretto.
Ma il bello, ovviamente deve ancora venire! Dopo una piccola pausa e una boccata d'aria (da buoni americani mal sopportano questi europei, fumatori incalliti) i due tornano sul palco insieme. La Seagull è stata rianimata e si sente benissimo. La scaletta è, ovviamente quella anticipata durante l'intervista, cui si aggiungono una bellissima versione di Ardena, il brano di D'Agostino scritto per la colonna sonora dell'omonino film di Luca Barbareschi, e un paio di brani originali.
E se la tecnica dell'italiano risulta un po' sacrificata nel ruolo di “orchestra”, non mancano anche per lui gli spazi per piccole improvvisazioni. La parte del leone la fa comunque Burns, riuscendo, però, a non essere mai stucchevole, a non annoiare. Esilarante lo scambio di chitarre per l'immancabile blues, con i ruoli invertiti, ma sempre a un livello tecnico impressionante.
Un consiglio, se vi passano a tiro, non lasciateveli assolutamente scappare
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