Roy McAllister




 Intervista pubblicata su Rockerilla nel 2011

Personaggio riservato ma simpaticissimo, RoyMcAllister è uno dei più quotati liutai americani dei nostri giorni. Apprezzato tanto per le sue replice di strumenti d’epoca, quanto per la produzione originale. David Crosby, Jackson Brown, Rick Ruskin, Marc Cohn e Peter Greenwood sono solo alcuni dei tanti felici possessori delle sue opere.

Come è cominciata la tua storia come liutaio?

Mi sono appassionato alla lavorazione del legno giovanissimo, nel momento stesso in cui ho avuto la mia prima chitarra. Vengo da una famiglia di musicisti, mio padre era un pianista blues di professione, e quindi mi ha avvicinato alla musica molto presto. Ho cominciato a gironzolare nei negozi di strumenti musicali, magari per qualche piccola riparazione, senza capire bene quello che vedevo, ma mi sono assolutamente innamorato di questo lavoro. Ero molto intimidito da tutto, non avrei mai potuto immaginare che sarebbe diventata una vera professione. Ho studiato moltissimo, frequentando corsi ma anche imparando sul campo. I quattro anni di esperienza maturati lavorando in Santa Cruz, con Richard Hoover, sono stati determinanti a questo riguardo.

Ci sono voluti diversi anni per decidere in maniera consapevole che questo sarebbe diventato il mio lavoro. Ho famiglia ed è stata una scelta impegnativa. Per molto tempo di giorno mi sono occupato dei miei bambini e ho lavorato di notte… per cui non dormivo mai! Ma ce l’ho fatto lo stesso ad andare avanti. I miei contatti principali nel mondo dello spettacolo sono arrivati grazie dall’amicizia con David Crosby, è stato lui che fatto conoscere il mio lavoro a Graham Nash, Jackson Brown e tanti altri. Gli sono profondamente riconoscente.



Cosa ti ha fatto fare il vero salto di qualità?

Proprio dal contatto con artisti di questo calibro è arrivata la sfida di sviluppare un approccio personale alla progettazione dello strumento. Non volevo standardizzare il mio modo di produrre, quanto piuttosto andare in direzione contraria. Soprattutto per quello che riguarda l’intonazione del top. Ogni strumento è realizzato specificamente per una persona e tiene conto del suo stile, del suo modo di suonare. Ad esempio se suona con il plettro o con le dita, se utilizza spesso open tuning o se preferisce l’accordatura standard. Non miro a realizzare una ‘mia’ chitarra che abbia un suono che possa piacere alla gente, ma a costruire qualcosa su misura per chi me lo chiede. Per questo le chitarre che propongo sono così diverse tra loro e coprono una gamma molto vasta. Ci sono repliche dei modelli storici Gibson, flat tops e chitarre per fingerpikers…

Qual è il tuo modello preferito?

Quello che devo ancora costruire. Pensa che non ho una mia chitarra. Ci ho provato diverse volte a cominciarne una, poi va sempre a finire che le vendo. Ma probabilmente è meglio così, sarei il cliente più difficile da soddisfare. Ne ho fatta una per mia moglie, ogni tanto suono quella.

Quanto ai materiali, con cosa preferisci lavorare?

Naturalmente dipende a quale stile, a quale genere musicale sarà destinato lo strumento. Amo allo stesso modo la complessità del palissandro e il ‘crispy’ del mogano accoppiati al classico abete della tavola. Sono molto interessato anche ai materiali alternativi, anche perché trovare del buon palissandro sta diventando sempre più difficile. In buona sostanza, non ho particolari preferenze, quello che mi affascina sempre è la ricerca della giusta combinazione per ottenere il risultato cui voglio arrivare.



Su cosa stai lavorando in questo momento?

Ho un paio di progetti in lavorazione. Poi Jackson Brown mi ha chiesto di replicare alcuni pezzi della sua collezione, ed è sempre un’esperienza istruttiva. In effetti ho sempre così tanti ordini da soddisfare, che è veramente difficile trovare il tempo per portare avanti progetti nuovi, ma ci sto lavorando. Avrei bisogno, probabilmente, di fermarmi un attimo per portare a termine queste idee. E può anche darsi che tra un po’ di tempo decida di farlo, ma ho idea che ci vorranno ancora un paio d’anni prima che possa permettermelo.

Visto che lo hai nominato diverse volte, vogliamo spendere qualche parola sul rapporto che ti lega a Jackson Brown?

E’ una delle persone più oneste e sincere che conosca. E ha un cuore enorme. Quando ha saputo dei miei problemi di salute, non ha esitato un attimo nel fare tutto il possibile per aiutarmi. Quello che ha fatto per me è stato al di là di ogni speranza. Mi ha veramente toccato nel profondo, soprattutto per la semplicità con cui mi è stato porto. La statura dell’uomo è assolutamente al livello di quella dell’artista.

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